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Alcune poesie di Alda Guadalupi
a cura di Tito Del Bianco
(…)
“Vi offro i miei sogni
senza tempo,
accarezzateli piano
quando sentirete
al tatto le ferite.
Vi offro la mia vita vissuta
perché possiate
amare e consolare.”
(Alda Guadalupi “I miei sogni senza tempo”)
La poesia di Alda Guadalupi è un canto immaginifico dai colori sublimi, una lingua musicale scandita da accenti di straordinaria forza pittorica.
Ed è una gioia leggere questa meravigliosa poetessa, ed intuire nei suoi versi potenti quella raccolta perfetta dell’amore che inesorabile racchiude il sogno eterno della vita.
Un sogno che nella poesia della Guadalupi viene indagato e scrutato a fondo perché la verità non può essere detta ed il mistero della vita e le sue eterne domande trasfondono l’essenza dell’uomo di un dolore indescrivibile.
La solitudine separa l’uno dall’altro e ognuno dal Trascendente. Esseri umani vivono nel sonno, chiusi nel silenzio, non sentono il canto e smarriscono se stessi, diventano fantasmi, incapaci di realizzare il progetto della propria interiorità.
L’anima della poetessa si confronta con la parte di sé costretta a muoversi, ad affannarsi e ad agire nella realtà quotidiana e ad adattarsi ad un mondo che non è il suo:
“Quanto lontana sono/ dalla me stessa/ adattata al mondo (...)”(1)
Ma l’attitudine della sua poesia è combattiva e forte, come un guerriero consapevole della vittoria, e conosce quella ineffabile interiorità, lo Spirito eterno che la abita.: “(…) Non avrà sbocchi / l’umana cecità / non accoglierà i fiumi delle sopraffazioni / lo spirito buono. / Si salverà il mio mare” (2).
La poesia diventa allora amore per la sapienza, una ricerca piena d’amore per l’esistente: “E quando oscura la mia mente/ l’angelo perverso / mi sostiene la coscienza / e mi rivela ancora e sempre / l’intimo mio amore.”(3)
Sfuggendo al cieco meccanismo in cui l’uomo è caduto, simile ad una marionetta tirata dai fili e incapace di vita cosciente, si fa largo faticosamente la ricerca di una voce capace di parlare all’anima.
Nella poesia “L’Omino” (4) appare questo infido ingranaggio che perpetua se stesso creando il continuo sonno della coscienza.
Come in un mulino, gira meccanicamente l’estro dei nostri pensieri e ad ogni giro di ruota noi ascoltiamo la storia che ci viene narrata, tesa sull’infinito creativo nulla, “oltre la botola del tempo” (5). Ad ogni giro ci sarà una continua fiaba, un credere o un non credere. Ma non importa, “la gente incredula riudirà la fiaba”.(6)
L’anima vorrebbe gridare la verità ma non le è permesso: rimane solo il grido di dolore e la richiesta di aiuto che si fa attendere.
In “Certe volte” (7) la verità è messa a nudo dalla frase poetica che vuole riconoscere il Vero nella menzogna del mondo. Allora i colori si vedranno nella loro vera essenza: “(…) solo vedere i colori (…) / per l’emozione di quel che sono/ non per ciò che possono evocare/ Verrà il tempo del riconoscimento/ e tutto tornerà come prima (8). Cadrà quella maschera incosciente che distrugge nell’uomo libertà e grandezza.
Così in “Siamo esseri...” (9) l’anima abituata ad essere percossa e condannata al dolore si pone le domande più essenziali: “(…) Se ancora il mio tronco è percosso / da tempo esso sente meno male/ Sono l’impotenza, la pigrizia a far male / Dimmi, vita, perché io sono?”(10). Nella vita umana che si svolge come un’ombra anche il dolore dell’uomo diventa illusione dell’immanenza e non ha corpo, come un inconscio pensiero del non essere. (…)“Deluso e vinto/ prostrato a Dio/ emendò la colpa/ ma Dio sorrise al suo dolore. (11)
Riappare il dialogo disperato con Dio, il grido tremendo verso la Luce. La vita è vista con disgusto, l’amore come spettro di follia che tiene in vita la vita e la luce che viene da Dio arriva ad intermittenza, perché l’uomo con la propria parte oscura la offusca perennemente: “(…) Siamo spazzatura ai tuoi occhi, Dio?/ Se Tu non hai sbagliato/ lo siamo sempre stati”(12), mentre in “Un’altra primavera” (13) è la solitudine a cancellare il bisogno d’amore e a portare con sé “l’immondo”: l’apatia e la distruzione della vita: “E’ così che si impietrisce il tempo/ s’ammutolisce il canto?”(14)
Il tempo diventa una pietra irreversibile, diventa disperazione che non sente più nell’anima né il canto né la poesia. Nell’immanenza si squarcia la realtà e trapela la speranza, una luce che viene dal cielo: solo un raggio però, nel buio delle realtà spirituali, senza amore, senza la forza di reagire né di pensare. Eppure dopo un inverno infinito i rami stecchiti degli alberi si ridestano alla vita, la primavera ritorna, un costante ritorno dopo il dolore del gelo e dell’assenza.
Il dolore per una vita senza senso, o per la perdita di ciò che dava il senso alla vita, scandisce l’intimo confronto con la presenza-assenza di Dio: un approdo alla Trascendenza arduo e affaticante, come una voce a cui sia impedito varcare i confini umani: “(…) Di non temere / la solitudine / Gli chiesi /e di piangere / per far sì ch’io sentissi/ il Suo / soffio divino.”(15)
L’uomo che vive la sua esistenza nel mondo contempla la nullità del destino e del dolore di fronte a ciò che non conosce e che è incomprensibile per lui, ma forse, varcando la soglia del sogno, l’Inconoscibile potrà parlargli e rispondere alla fatale domanda che ognuno si pone: (…) “Voglio cantare la canzone/ della mia nullità/ e forse Dio m’apparirà/ nel sonno e mi dirà/ ch’io sono”(16)
La meditazione sulla morte vista come parte integrante della vita e come dimensione dell’Infinito appare ne “Il Continuo ritorno”(17) dove la dicotomia morte-vita e l’eterno alternarsi del ritmo del tempo fra luce e oscurità rappresentano l’inesorabile fluire della vita e l’ansietà del quotidiano è alleviata dal riposo nel mondo dei sogni. In “Morte e Vita” invece è colta la visione lucente dell’uomo “che possiede la morte in sè” che in sé ha distrutto tutto ciò che lo rendeva inesorabilmente simile al buio: (…) “Ricco è l’uomo / che possiede la morte in sé./ La morte è la luce, l’amore.(…) Meraviglioso l’uomo. / Mirabile la Terra / per i sensi dell’uomo.”(18), mentre in “Senza nostalgia” la morte è vista come l’ultimo canto della nostra anima che racchiude un comune sentimento universale, una dimensione in cui amore e libertà si schiudono e dove si guarderà alla terra senza nostalgia: (…) “Senza nostalgia andremo al firmamento / e il canto e la poesia avranno in sé / tutta la forza degli alberi bambini”(19)
Nella poesia della Guadalupi, pur in una visione vera e dolorosa dell’esistenza e dell’ignoto, è sempre presente un baricentro, un punto di forza e di equilibrio dove si concentra la sua essenza. Questo baricentro non è nella mente che gioca incessante tra le tenebre del nulla, non è nei sentimenti o nei ricordi ma si trova solo nel contatto dell’anima con il mondo fisico: è la realtà fisica in cui la vita ci colloca, il nostro respiro, il sentirsi vivi.
Affiorano da un passato lontano immagini e ricordi, dai colori tenui e sfumati, ma tutto si fa indistinto, resta solo la gioia di esistere: (…)“Sovente fuori dalla realtà è il ricordo /ma il sole è adesso, è qui”(20)
Esiste l’indissolubile legame con la terra di cui la poetessa si fa portatrice: “ma la terra dona ancora respiro a chi rimane / e chi fu raccoglie in grembo” (21) , nella terra trova il suo centro, il fulcro della sua forza “sempre come la terra tremo / e ancora sono” (22), ed è la terra nel suo aspetto di Madre che la consola e le dà conforto: “Perdonatemi se questa vita buona / come fiore mi accarezza / e delle sue meraviglie mi pervade/ (…)" (23)
La terra deve essere come una madre che voglia rimanere per sempre con le sue creature e non fugga verso il cielo, ma rimanga ad alleviare il tormento della vita: (…) “Ti parlerò d’amore/ così che tu/ non aneli all’infinito/ (…) ed in alto più non voli/ Che resti qui / madre/ e mi consoli”. (24)
Ed è ancora la terra che allevia il peso della solitudine e con la sua compassione rende sopportabile la vita: “(…) Testarda solitudine/ scalpitò tra i rifiuti / e porse al tempo / l’insostenibile vita. (…) Ma dalla terra vibrò/ la compassione (…) ”(25)
Doloroso è il viaggio del poeta, è un cammino travagliato che porta l’anima a guardare l’abisso e a intuire ciò che ad altri resta velato: “I poeti hanno una vita dentro, / le stigmate nell’anima”(26), che porta l’anima a contemplare senza giudicare e senza condannare: “Trasceso il tempo/ scomparso il pensiero/ ascolto un ritmo lieve./ Il racconto di me/ che ho dentro".(27)
Eppure al dolore si accompagna sempre un canto silenzioso che esprime la sua speranza, la sua realtà vivente e la sua aspirazione al Vero:
“(…) Certo del mio sentir / la primavera è grata / e del vento/ e del cielo/ e delle viole / a capo chino,/ dello stupore/ del mio giardino./ La sua carezza/ mi consola/ e la sua musica /e la mia anima / ancora cantano / una canzone sola”(28)
NOTE
1) “Eppur c’è un filo” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag. 66
2) “Senza ritorno” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 43
3) “Coscienza” - sta in Alda Guadalupi – Parole di pioggia – Hammerle ed. Trieste, 2008 – pag. 47
4) “L’Omino” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 52
5) Ibidem pag. 52
6) Ibidem pag. 52
7) “Certe volte” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila – Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 36
8) Ibidem pag. 36
9)“Siamo Esseri...” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila – Italo Svevo Ed. Trieste, 2012 - pag. 35
10) Ibidem pag. 35
11)“Il perdono di Dio” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 54
12) “Volare via” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste 2012 - pag. 45 )
13)“Un’altra primavera” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila Italo Svevo Ed. Trieste 2012 – pag. 34
14) Ibidem pag. 34
15) “Gli chiesi“ - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola - Prefazione di Ferruccio Monterosso - Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag.83
16) “Canzone” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola - Prefazione di Ferruccio Monterosso - Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag.82
(17) “Il continuo ritorno” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi Ed. Foggia, 2006 – pag. 69
18) “Morte-Vita” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag. 79
19) “Senza nostalgia – sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila – Italo Svevo ed. Trieste, 2012 – pag. 42
(20) “Cerco” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 50
21) “E ancora sono” - sta in Alda Guadalupi L’attento volo dell’aquila - Italo Svevo ed. Trieste, 2012 - pag. 44
22) Ibidem pag. 44
23) Ibidem pag. 44
24) “Mater et Filia” - sta in Alda Guadalupi Una Canzone sola - prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi, Foggia, 2006 – pag. 84
25) “Compassione” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag. 65
26) “Anche se piango” - sta in Alda Guadalupi Parole di pioggia – Hammerle ed. Trieste, 2008 – pag. 31
27) “Un ritmo lieve” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag. 37
28) “Una canzone sola” - sta in Alda Guadalupi Una canzone sola – Prefazione di Ferruccio Monterosso – Bastogi ed. Foggia, 2006 – pag. 15-16)