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Oltre la mistificazione pseudopedagogica,
l’amara e dolorosa misantropia di Jonathan Swift
di Manlio Tummolo
Parte terza
Espongo il nuovo metodo di cura proposto per disturbi intestinali. Si tratta di una specie di clistere ad aria:
“... Avevo accusato un leggero dolore di pancia e allora la guida mi condusse in un'altra stanza, che era il gabinetto di un medico eminente, famosissimo perché curava questo disturbo usando lo stesso strumento per operazioni contrarie. Si serviva di un paio di mantici portentosi che introduceva per vari centimetri nell'ano: aspirandone l'aria, sosteneva che riusciva a rendere le viscere flosce come vesciche secche. Se poi si trattava di un disturbo più grave… soffiava dentro l'aria dei mantici e poi li riempiva nuovamente. Se si fosse ripetuta l'operazione per due o tre volte, l'aria immessa avrebbe dovuto erompere con violenza trascinandosi dietro causa del male... Lo vidi sperimentare entrambi i metodi su un cane... Dopo il secondo trattamento, il cane fu sul punto di esplodere..., e poi morì sul colpo...”
Gulliver preferisce non fare la medesima fine e visita altre sale. Nella parte destinata alle scienze speculative, trova un ‘artista universale’ che tenta di produrre pecore senza lana. In un altro ambiente trova un personaggio che assomiglia molto, nelle idee, a Leibniz: infatti, è inventore una macchina con cui si possono apprendere tutte le scienze, grazie all'accostamento di diverse parole (una specie di primitivo computer probabilmente ispirato alla prima macchina di calcolo, la ‘pascalina’, inventata da un altro grande contemporaneo, Blaise Pascal). Fortemente interessato alla cosa, Gulliver chiede al grande inventore di fargli un segno tecnico: “... Gli chiesi anzi il permesso di disegnare lo schema su di un pezzo di carta, perché in Europa gli inventori hanno l'abitudine di rubarsi a vicenda i progetti, così da far nascere controversie interminabili per stabilire il vero creatore...”
È un evidente riferimento alla polemica tra Newton e Leibniz, di quegli anni, per l'invenzione del calcolo infinitesimale. Altra curiosa ricerca che Gulliver descrive, è quella di un altro scienziato che studia il parallelismo tra corpo umano e corpo politico e secondo quale, per pacificare gli opposti partiti, basta trapiantare mezzo cervello degli uni con il mezzo degli altri, e reciprocamente, in modo da ottenere una piena uniformità di idee...
Dopo aver assistito ad altre ricerche, convegni ed esperimenti Gulliver decide di tornare in patria. Saltiamo le avventure intermedie e passiamo ora al quarto ed ultimo viaggio, per il quale lascia la moglie incinta ed assume il pieno comando di un mercantile di 350 tonnellate. Siamo ormai nel 1710; anche stavolta interviene la solita tempesta, che separa la sua dalle altre navi. Vi è un ammutinamento (non possiamo dire che il buon Gulliver sia molto fortunato nella vita marinara).
Il 9 maggio 1711 viene sbarcato contro la sua volontà. Nella nuova terra, che non appare coltivata, vede tracce di zampe di cavallo e di bue, poi si accorge di strani animali, alcuni sul campo, altri fra gli alberi:
“... Erano d'aspetto sconcertante, deforme... Alcuni vennero accanto al cespuglio ed ebbi modo di vederli meglio. Avevano la testa e il petto coperti di pelo folto ... barbuti come capri... Il resto del corpo era scoperto, di una pelle scura come quella dei bufali. Non avevano coda né peli sul posteriore eccetto che intorno all'ano... Si arrampicavano sugli alberi con l'agilità degli scoiattoli, perché erano dotati in tutte le quattro zampe di artigli lunghi, acuminati ed adunchi... Le femmine erano di dimensioni più modeste... le mammelle penzolavano fra le zampe anteriori fin quasi a strusciare per terra... Nel complesso devo dire di non aver mai visto durante i miei viaggi animali così repellenti o almeno esseri che abbiano suscitato in me un simile senso di repulsione...”
Uno di questi strani animali gli blocca la strada e, per allontanarlo, Gulliver gli dà un colpo di spada, in modo da spingerlo senza ferirlo, temendo l'arrivo di altri bestioni. Però l'animale urla e ciò richiama altri bestioni simili che Gulliver cerca di spaventare mulinando la spada. Gli animali allora gli lanciano escrementi, tanto quasi da asfissiarlo col puzzo. D'improvviso quei fetidi bestioni fuggono, perché appare un cavallo, che si mette ad osservarlo curioso, ma senza ostilità. Gulliver allora cerca di accarezzargli la criniera, ma il cavallo respinge tanta confidenza. Arriva un altro cavallo, si toccano gli zoccoli, nitriscono modulando i suoni, come in un linguaggio ignoto, ma sicuramente articolato e, quindi, intelligente. Gulliver, meravigliato, si allontana, ma uno dei due gli nitrisce dietro in modo significativo. I cavalli cominciano, non solo ad osservarlo, ma anche ad ispezionarlo e toccarlo. Per Gulliver, sembravano maghi in aspetto equino.
Il nostro eroe cerca di spiegare loro che è un povero inglese naufrago e cerca di conquistarli offrendo qualche oggettino. I cavalli conversano, con significativi nitriti, fra di loro e Gulliver sente ripetere la ‘parola’ yahoo : allora Gulliver la ripete, quindi il cavallo risponde ripetendola come per insegnargli il giusto accento. Si sente poi un'altra parola, ovvero houynhnm, ancora più difficile da ripetere. Uno dei due si allontana, l'altro si fa seguire da Gulliver che però, essendo stanco, cerca di farglielo capire. Il cavallo lo lascia riposare.
Nel primo momento Gulliver suppone che si tratti di animali perfettamente ammaestrati da qualche popolo, a tal punto da sembrare intelligenti e da tenere in ordine le loro semplici abitazioni. In quell'ambiente, dopo il vano tentativo di comprarli con le tipiche cianfrusaglie che conquistano i selvaggi, il cavallo di prima lo conduce in un cortile dove si trovano altri esemplari di quei bestioni incontrati all'inizio. Confrontano Gulliver con uno dei bestioni e ripetono la parola yahoo, come per dire che fra Gulliver ed il bestione non c'erano differenze considerevoli, salvo che Gulliver era vestito. Il cavallo lancia ai bestioni un pezzo di carne d'asino mezzo putrefatta, e i bestioni si lanciano divorandola; Gulliver mostra disgusto. Gli offrono allora dell'avena, ma egli rifiuta anche quella. Così correva il rischio di morire di fame, ma riesce, vedendo una mucca, a far sapere ai cavalli che poteva bere il latte. Arriva poi un altro cavallo su un veicolo trascinato da quattro dei soliti bestioni: l'ospite si ferma a pranzo, conversando sul nuovo arrivato, ovvero il nostro navigatore. Gulliver se ne accorge, perché ripetono quel nitrito articolato, yahoo. Comincia così ad apprendere il linguaggio di quelli che chiamo cavalli sapienti. Sull'ambigua natura dei bestioni diremo invece più avanti. Gulliver apprende anche a utilizzare l'avena cotta e mista al latte. Gulliver, da ottimo poliglotta, comincia a studiare la loro lingua e dice: "Siccome i cavalli parlano attraverso il naso e la gola, la loro lingua assomiglia, fra tutte le lingue europee, all'alto olandese o tedesco, ma è più espressiva e meno rude...". Una stoccata a nazioni vicine, rafforzata dal ricordare che l'imperatore Carlo V riteneva il tedesco la lingua più adatta per parlare ai cavalli. Scopre così che la parola houyhnhnm significa cavallo e, secondo l'etimologia, perfezione della natura. Malgrado ciò, i cavalli sapienti cominciano a riconoscere in lui un essere quasi razionale. Tra l'altro, il cavallo che lo ospita finisce per accorgersi che i vestiti di Gulliver non erano una specie di pelle, bensì un semplice rivestimento che ci si può mettere e togliere. Il cavallo sapiente si stupisce che gli uomini si coprano per nascondere una parte del loro corpo. Gulliver tuttavia, per non essere confuso coi bestioni con i quali ha tanta somiglianza (e che risultano essere uomini del tutto rinselvatichiti giunti in tempi ormai lontani), gli chiede di non far sapere la funzione tutta esteriore dei vestiti agli altri cavalli perché non sia trattato come gli uomini-bestia. Gulliver, incoraggiato dal cavallo che lo ospita, comincia a raccontargli del suo paese e come i cavalli siano gli animali trattati più o meno come tra i cavalli sapienti sono trattati gli uomini-bestia.
Gulliver scopre la particolare filosofia del linguaggio dei cavalli sapienti, secondo i quali, essendo lo scopo del linguaggio quello di comunicare qualcosa all'altro, non è ammissibile dire cose che non sono, perché in tal modo non potrebbe esservi una comunicazione, mancandone lo scopo. Sorge una discussione sul trattamento, incredibile per il cavallo sapiente, inflitto dagli uomini ai suoi simili nelle nostre terre, essendo i cavalli ben più forti. Ma Gulliver spiega che, grazie all'addestramento fin dalla più giovane età, i cavalli sono costretti a sopportare lo sfruttamento.
Gulliver ancora gli racconta la sua vita e gli ultimi episodi: fa molta fatica a far capire al cavallo sapiente il perché gli siano successe quelle disgrazie, essendo inconcepibile per lui comportarsi in modo aggressivo o doloso:
"... Nella loro lingua non esistevano parole per esprimere governo, guerra, legge, punizione ed altri mille concetti; ma era un essere intelligentissimo e... alla fine raggiunse una perfetta conoscenza di quanto la natura umana è capace di fare dalle nostre parti ...''.
Gulliver così si trova in una situazione ancora più forte di quella che aveva trovato col re di Brobdingnag, ovvero con un essere che non poteva rendersi conto della guerra e delle sue pretese cause di giustificazione:
"...Le tue spiegazioni sulla guerra... sono l'illustrazione più efficace della vostra pretesa ragione e per fortuna è più la vergogna che vi tirate addosso del danno che siete in grado di provocare ...''.
Per il cavallo sapiente gli uomini non hanno per dono di natura armi fisiche, tali da fare i danni che Gulliver racconta, ma costui sottolinea :
"... Non potei far altro che scuotere la testa e sorridere della sua ingenuità, e poiché ho una certa dimestichezza con l'arte della guerra, gli descrissi cannoni, colubrine, moschetti... E per fare rifulgere il valore dei miei compatrioti, gli dissi che li avevo visti… far saltare in aria cento nemici alla volta... ''.
Il cavallo lo fa tacere e gli mostra come ciò sia ben degno di quei bestioni, già visti, se la loro forza fosse stata pari all'astuzia. Non manca poi un'ancora più precisa descrizione della giustizia inglese:
“.. Risposi a Suo Onore che la giurisprudenza era una scienza di cui sapevo ben poco, a parte l'esperienza negativa che avevo avuto, quando mi ero rivolto a un avvocato per certe ingiustizie subìte… Gli dissi che ... c'erano delle persone istruite fin da giovani nell'arte di dimostrare, con la moltiplicazione delle parole inutili, che il bianco è nero o il nero è bianco, a seconda del desiderio di chi li paga: tutti gli altri sono al loro cospetto degli schiavi... ''.
Gulliver fa un esempio, sostenendo che, se un tale vuol dimostrare che una certa mucca è sua, mentre invece è di un altro, paga un avvocato. Per poter difendere i diritti, l'altro paga a sua volta un secondo avvocato. L’avvocato, abituato fin da piccolo a difendere il falso, trova difficoltà a difendere il vero. Dovrà inoltre procedere con somma cautela per non adirare il giudice e farsi disprezzare dai colleghi. Per vincere quindi, occorrerà pagare l'avvocato del rivale oppure che il proprio avvocato riconosca la falsità della pretesa del suo cliente. accattivandosi il favore della corte. I giudici, tutti ex-avvocati ormai vecchi, sono del tutto abituati alla menzogna e favoriscono la frode. C'è poi un formidabile principio, ancora oggi decantato, dello stare decisis ovvero la pratica di sentenziare secondo precedenti sentenze, emesse contro giustizia e ragione.
La descrizione che ne esce appare come una dura ed attualissima critica alla mentalità, alle consuetudini ed al linguaggio dei giuristi.
Ecco l'opinione che Gulliver esprime sugli avvocati al cavallo sapiente:
"... dovetti assicurarlo che, al di fuori della loro professione commerciale, erano gli esseri più stupidi ed ignoranti che esistano, i conversatori più vacui, nemici giurati della cultura e del sapere, sempre disposti a tradire la ragione umana nella loro professione, come in ogni altra occasione" .
Il discorso sugli avvocati lo conduce anche a parlare della questione sociale: ormai Gulliver grazie alla benefica influenza di quella civiltà equina razionale, comprende tutta la crudeltà e l’arretratezza della nostra cultura. "... Da noi il ricco si gode i frutti della fatica dei poveri, i quali stanno al primo nella proporzione di mille a uno; anzi la quasi totalità della gente tira avanti fra gli stenti, faticando dalla mattina alla sera per mantenere nel lusso quel numero ristretto di fortunati...''. Così il conclamato nazionalismo di prima si svela come una fortissima critica al modo di vivere europeo ed inglese, in cui, già prima della rivoluzione industriale, ma della quale si stavano ponendo le basi economiche, lo sfruttamento era fortissimo e l'economia assumeva sempre più un criterio innaturale ed irrazionale di produzione e di consumo. Poi, per quanto egli stesso medico, Gulliver non esita a parlar male della propria stessa categoria e dei modi antigienici di vivere e di nutrirsi, violando così gli istinti naturali. Descrive poi con sarcasmo feroce la composizione dei medicinali, con elementi di cui cito i più curiosi :"... alghe, escrementi, corteccia, rettili, rospi..., ragni, ossa e carne di cadavere...". Il tutto per far rigettare i cibi che, essendo indigesti, provocano le malattie: d'altronde, sicuramente le sostanze attive sopra citate non dovrebbero essere meno indigeste". Non contento di queste cattiverie Gulliver aggiunge:
"... I medici...... hanno pensato con sommo acume che durante le malattie la natura sia estromessa... pensano di sottoporla ad un trattamento opposto... introducendo solidi e liquidi per via anale e facendo evacuare dalla bocca... ''. Un'altra dote dei medici, secondo Gulliver, è quella delle previsioni catastrofiche: se c'è una malattia seria predicono la morte; se, malgrado le loro cure c'è qualche miglioramento, raddoppiano la dose.
Ce n'è per tutti: riguardo ai ministri, cosi si esprime:
"... Una volta che <grazie a mogli, figlie e sorelle> hanno mano libera su tutti gli impieghi, questi ministri si mantengono al potere corrompendo la maggioranza del senato o del parlamento, finché con una legge chiamata Atto di Immunità... si sottraggono ad ogni resa dei conti e si ritirano a vita privata satolli delle spoglie del paese...''.
Chissà cosa direbbe Gulliver di noi, se fosse ancora vivo!
La casa di un ministro è poi una vera scuola, dove addestrare i giovani apprendisti a simili metodi di governo.
Avviandoci alla conclusione di questo quarto viaggio, dobbiamo dire che Gulliver si converte pienamente alla morale ed alla filosofia dei cavalli sapienti, tant'è vero che, tornando in patria, sente fastidio non solo per gli uomini in generale, ma anche per i suoi familiari, tanto da farlo credere pazzo, nel suo disprezzo per gli esseri umani e per la sua esaltazione della cavallinità.
Sempre le ragioni di brevità ci inducono a giungere alle osservazioni finali di Gulliver, dove consiglia ai compatrioti di non cercare di conquistare quelle nuove terre da lui visitate, puntando non su ragioni teoriche o di giustizia morale, che farebbero poco effetto, ma su ragioni pragmatiche tipiche della cultura anglosassone :
"... Qualcuno mi ha sussurrato all'orecchio che il mio primo dovere di suddito inglese sarebbe stato quello di inviare un memoriale al segretario di stato perché ogni terra scoperta da un suddito appartiene alla corona. Ho seri dubbi che le eventuali conquiste dei popoli di cui parlo possano essere compiute con la facilità con la quale Fernando Cortez sottomise gli Americani ìndifèsi. Quanto ai Lillipuziani, non credo che meriti conto allestire una flotta ed un esercito per farli nostri vassalli, mentre non so se sia prudente andare a stuzzicare quelli di Brobdingnag, o come se la possa cavare un esercito inglese con un'isola che gli vola sul capo. Gli houyhnhnm hanno indubbiamente poca dimestichezza con la guerra, una scienza a loro ignota, specie per quanto riguarda le armi da tiro. Eppure, se fossi ministro, sarei contrario ad invadere il loro stato, perché la saggezza, la concordia, il coraggio, l’amor patrio sono tutte virtù che compensano di gran lunga le carenze della loro arte bellica. Immaginati ventimila di loro che irrompono nel mezzo di un esercito europeo sconvolgendo le file, rovesciando i carri, scalcinando con gli zoccoli fino a ridurre in poltiglia i volti dei combattenti...”
Swift non è più satirico, è profondamente etico quando critica il colonialismo, pur ancora agli inizi della sua storia: qui Swift riassume il suo vero volto, il suo profondo e morale sentire e di amore verso la giustizia umana. Dopo aver sottolineato in qual modo si procede all'esplorazione delle nuove terre, ad opera di pirati che si fanno condonare i loro delitti lasciando al re le terre da essi occupate col tradimento verso la fiducia e l’ospitalità delle popolazioni indigene, egli osserva con una modernità effettivamente sorprendente:
"... Ecco come nasce un nuovo dominio fondato sul diritto divino: alla prima occasione si mandano delle navi, si deportano o si massacrano gli indigeni, si torturano i loro capi per sapere dove sia l'oro, vien data via libera ad ogni atto disumano e ad ogni lussuria, la terra fuma del sangue dei suoi abitanti; e questa esecrabile banda di macellai impiegata in una spedizione così devota è una colonia moderna, mandata a portare la nostra religione e la nostra civiltà ad un popolo barbaro e idolatra .
<Riprende poi il suo tono sarcastico> Devo dire che tutto questo non ha nulla a che fare con la nazione britannica, che è d'esempio al mondo intero per la saggezza, la cura, la giustizia con le quali impianta le proprie colonie, per le generose elargizioni con cui promuove la religione e la sapienza... ".
Come appare evidente, "I Viaggi di Gulliver" sono tutto quello che si vuole, anche la feroce espressione di un'incurabile misantropia, se così si intende, ma non certo un libro di racconti di viaggio per bambini. Non sono neppure la satira, se non in modo assai limitato, di un libro di viaggi: essi, come si è detto, sono la satira della mentalità umana, l'espressione della progressiva acquisizione di una coscienza critica della nostra umanità. ]I suo valore non è tanto pedagogico, quanto antropogogico e, meglio ancora, antroponomico, ossia come ricerca e definizione di un'educazione dell'uomo intero, ben oltre l'età fanciullesca, che regoli secondo criteri razionali ed etici il suo comportamento verso di sé, verso i propri simili e verso tutti gli altri.
Attraverso l’esaltazione degli immaginari cavalli sapienti, vi è l'anticipazione di una teoria animalista, anche questa molto moderna, consapevole dell'abuso che l’essere umano fa, non solo nel considerarsi assolutamente superiore ad ogni altra specie vivente, ma anche in diritto di dominare o di distruggere altre specie viventi, in un orgoglio folle che, alla lunga, potrebbe portare alla distruzione dell'umanità stessa.
Come ultimo aspetto della sua misantropia, esaminiamo quel breve, ma satiricamente feroce, saggio intitolato "Una modesta proposta" pubblicato nel 1729, con il sottotitolo "Per impedire che i bambini irlandesi siano a carico dei loro genitori o del loro paese e per renderli utili alla Comunità''. Interpreti superficiali o, più veramente, malintenzionati hanno voluto sostenere che Swift dimostrasse con ciò tutto il suo odio per l'infanzia. È la stessa mistificazione dei "Viaggi" come destinati a bambini, rovesciata nella sua immagine speculare. ln realtà, come "I Viaggi di Gulliver" non sono mai stati scritti per bambini, così è falso che questo trattatello satirico esprima una misopedia. Al contrario, attraverso la satira feroce, Swift, che come abbiamo già visto può considerarsi uno dei primi teorici della questione sociale ed umanitaria, vuol condannare nella forma più aspra lo sfruttamento dell'infanzia o le condizioni di miseria e di abbandono alle quali erano destinati i bambini inglesi. Non usa affatto un linguaggio "politicamente corretto”, ma semmai assolutamente violento e provocatorio. Il fatto che a quei tempi vi fossero non pochi grandi scrittori che usassero la penna come una spada o come una mazza, mentre oggi ci è vietato, grazie alle presunte responsabilità oggettive o colpose di direttori di giornale e di editori, anche esprimere in modo energico il nostro sdegno, con la spada di Damocle del reato di diffamazione a mezzo stampa (subdolamente abile questo metodo di imporre il silenzio non direttamente, ma attraverso la censura interna di un giornale o di una casa editrice), va tutto a vantaggio per quell'epoca storica e a demerito del nostro secolo che, come lo disse Carducci, "questo secolo vil che tiranneggia" .
Il lavoro di Swift sembra la critica anticipata di un secolo delle teorie sul controllo demografico, formulate da Malthus, segno che tali teorie, sia pure non espresse con la stessa pretesa precisione matematica (crescita aritmetica delle risorse contro la crescita geometrica o esponenziale della popolazione), cominciavano già ad affermarsi e la cosa è confermata dalla critica di Rousseau contro certi costumi di controllo demografico già sussistenti nella metà del '700 in Francia .
Swift, dopo una descrizione apparentemente fredda e scientifica delle condizioni di vita delle madri e dei bambini irlandesi, sostiene l'esigenza di rendere utile e produttiva questa massa di bocche da sfamare in un modo che, in prima lettura e senza un'adeguata prefazione, lascerebbe annichiliti dall'orrore: ''... io propongo di provvedere a loro in modo tale che, anziché essere di peso ai genitori o alla parrocchia ...., contribuiranno invece alla nutrizione e in parte al vestiario di migliaia di persone. Un altro grande vantaggio del mio progetto sta nel fatto che esso impedirà gli aborti procurati e l'orribile abitudine, che hanno le donne, di uccidere i loro bambini bastardi...
Di solito si calcola che la popolazione di questo Regno sia attorno al milione e mezzo, ed io faccio conto che, su questa cifra, vi possano essere circa duecentomila coppie, nelle quali la moglie sia in grado di mettere al mondo figli; da queste tolgo trentamila, che sono in grado di mantenere i figli, anche se temo che non possano essere tante...; ma, pur concedendo questa cifra, restano centosettantamila donne feconde. Ne tolgo ancora cinquantamila... Restano, nati ogni anno da genitori poveri, centoventimila bambini... come è possibil,e allevare questa moltitudine di bambini e provvedere loro?... nella situazione attuale questo è assolutamente impossibile...
-ed ecco la "soluzione- ... Un Americano, mia conoscenza di Londra, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all'età di un anno è il cibo più delizioso, sano e nutriente che possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragù. Espongo allora alla considerazione del pubblico che, dei centoventimila bambini già calcolati, ventimila possano essere riservati alla riproduzione della specie, dei quali solo un quarto maschi... avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici...Ho calcolato che, in media, un bambino appena nato venga a pesare dodici libbre... ".
Se uno non si lascia prendere dallo sbigottimento o dal furore, facilmente potrà rendersi conto che Swift sta facendo il verso agli statistici demografici ed economisti, evidentemente già allora esistenti. Ma subito dopo ci si rende conto anche del senso sociale che l'apparente ferocia di Swift vuole significare tutt'altro, ed è la riaffermazione delle esigenze di una giustizia sociale:
"... Ammetto che questo cibo verrà a costare un po' caro, e quindi sarà adattissimo ai proprietari terrieri, i quali sembra possano vantare il maggior diritto sui bambini, dal momento che hanno già divorato la maggior parte dei genitori...".
Che linguaccia, che spiritaccio irlandese, sono quelli di Swift!
E bisogna riconoscere, a merito ed onore della Gran Bretagna, di aver lasciato libero ed attivo un tale uomo che sicuramente in Francia avrebbero rinchiuso negli stessi anni alla Bastiglia, e in qualche altro paese, compreso il nostro, avrebbero mandato al rogo con tutti i suoi libri.
Basta l'allusione sullo sfruttamento di genitori e di figli dell'Irlanda per capire, dunque, la protesta che Swift eleva contro i grandi proprietari terrieri, soprattutto inglesi: in questa prospettiva, ci si può rendere conto di quanto sia mistifìcatoria la credenza di uno Swift odiatore di bambini. Egli, in realtà, come tutti i grandi letterati satirici, "sorridendo, castiga i costumi” come afferma un vecchio detto latino. La sua misantropia quindi, non è mai fine a se stessa, non è passiva chiusura in se stesso ed autoisolamento (anzi Swift partecipò attivamente alla vita politica), ma è amara, dolorosa, perché consapevole di ciò che l'uomo dovrebbe essere e che non vuol essere, del suo spietato egoismo, del suo disinteresse verso la sofferenza altrui, della sua reale disumanità travestita dalla presunzione di essere superiore a tutto; di esaltare il bene, ma di praticare il male: giocando sui termini, Swift delinea e deride la belluinità dell'uomo, belluinità tanto più feroce, quanto più rivolta non alle esigenze di sopravvivenza ma alla superflua e spietata volontà di dominio e di sopraffazione sul suo prossimo e su tutti gli altri viventi.